Letteratura al Femminile

da "IL PAESE DELLE PRUGNE VERDI" di HERTA MULLER

Lola veniva dal sud del paese e le vedevi addosso un ambiente rimasto povero. non so dove, forse nelle ossa degli zigomi, o intorno alla bocca, o in mezzo agli occhi. una cosa simile e' difficile da dire sia per un ambiente, sia per un volto.

Ogni ambiente in paese era rimasto povero, cosi come in ogni volto. Ma l'ambiente di lola, per come appariva nelle ossa degli zigomi, o intorno alla bocca, o in mezzo agli occhi, era forse piu' povero. piu' ambiente che paesaggio.

La siccità divora ogni cosa, scrive Lola, all'infuori delle pecore, dei meloni e degli alberi di gelso. Ma non era l'ambiente secco a condurre Lola in città. Cio' che imparo e' indifferente alla siccità, scrive Lola nel suo quaderno.

La siccità non nota nulla, per quanto ne so. nota solo cosa sono, quindi chi. Diventare qualcuno in città, scrive Lola, e dopo quattro anni tornare in paese. Ma non dal basso, lungo il sentiero polveroso, bensi' dall'alto, attraverso i rami degli alberi di gelso.

Anche in città c'erano alberi di gelso. Ma non fuori, lungo le strade. Erano nei cortili interni. e non in grande quantità.

Solo nei cortili delle persone anziane. e sotto gli alberi si trovava una sedia da camera. il suo sedile era imbottito e rivestito di velluto. ma il velluto era macchiato e strappato. e il buco era tappato con un fascio di paglia. la paglia, a forza di sedersi, si era compressa. Penzolava fuori da sotto il sedile come una specie di treccia.

da "IL TRENO DEI BAMBINI" di VIOLA ARDONE

Mia mamma avanti ed io appresso. Per dentro ai vicoli dei quartieri spagnoli mia mamma cammina veloce: ogni passo suo, due miei. guardo le scarpe della gente. scarpa sana: un punto; scarpa bucata: perdo un punto.

Senza scarpe: zero punti. Scarpe nuove: stella premio. Io scarpe mie non ne ho avute mai, porto quelle degli altri e mi fanno sempre male. Mia Mamma dice che cammino storto. Non è colpa mia. Sono le scarpe degli altri.

Hanno la forma di piedi che le hanno usate prima di me. Hanno pigliato le abitudini loro, hanno fatto altre strade, altri giochi. e quando arrivano a me, che ne sanno di come cammino io e di dove voglio andare? si devono abituare mano mano, ma intanto il piede cresce, le scarpe si hanno piccole e stiamo punto e a capo.

Mia mamma avanti e io appresso. dove stiamo andando non lo so, dice che e' per il mio bene. Invece ci sta la fregatura sotto. come per i pidocchi, E' per il tuo bene e mi ritrovai con il mellone.

da "LA VASCA DEL FUHRER" di SERENA DANDINI

Le mattonelle del bagno sono lisce e ghiacciate. tutto è pulito alla perfezione, come in una camera d'albergo pronta a ricevere l'ennesimo cliente. gli asciugamani rigorosamente bianchi, disposti secondo misura negli appositi sostegni, aspettano un nuovo ospite da accudire. sono gli stessi che hanno avvolto e protetto il corpo di quell'uomo mostruoso che Lee non riesce nemmeno a nominare. sono il monogramma "A.H." sull'argenteria svela l'identita' del proprietario.

Mentre si addentra in quegli interni anonimi, insignificanti, una domanda continua a risuonarle nella testa. Piu' che un interrogativo, un urlo soffocato: perchè non c'è nessuna presenza del male che ha abitato quelle stanze?

Una sobria dignità borghese trasuda da ogni dettagli. Com'è possibile che i mobili decorosi, le tende in damasco blu e i tavolini in legno scuro non raccontino nulla dell'essere diabolico che per tanto tempo ha vissuto indisturbato fra quelle mura?

Lee attraversa un appartamento che avrebbe potuto accogliere il benessere discreto di un impegato comunale, o di un prelato in pensione con un'inclinazione per l'arte classica e le sue mediocri imitazioni. Si puo' procurare un dolore atroce a milioni di persone e vivere tranquilli come "gente perbee", accumulando suppellettili dozzinali e cuscini a piccolo punto?

Lee era riuscita a trattenere la nausea dinanzi all'orrore di dachau. Ora, di fribte alla rispettabilità del male, sente che sta per sprofondare.

da L'AMICA GENIALE" di ELENA FERRANTE

Mi ricordo la luce violacea del cortile, gli odori di una serata tiepida di primavera.

Le mamme stavano preparando la cena, era ora di rientrare, ma noi ci attardavamo sottoponendoci per sfida, senza mai rivolgerci la parola, a prove di coraggio. Da qualche tempo, dentro e fuori scuola, non facevamo che quello, Lila infilava la mano e tutto il braccio nella bocca nera di un tombino, e io lo facevo subito dopo a mia volta, col batticuore, sperando che gli scarafaggi non mi corressero su per la pelle e i topi non mi mordessero.

Lila s'arrampicava fino alla finestra a pianterreno della signora Spagnuolo, s'appendeva alla sbarra di ferro dove passava il filo per stendere i panni, si dondolava, quindi si lasciava andare giu' sul marciapiede, e io lo facevo subito dopo a mia volta, pur temendo di cadere e farmi male. lila s'infilava sotto pelle la rugginosa spilla francese che aveva trovato per strada non so quando ma che conservava in tasca come il regalo di una fata; e io osservavo la punta di metalo che le scavava un tunnel biancastro nel palmo, e poi, quando lei l'estraeva e me la tendeva, facevo lo stesso.

da: L'ARMINUTA di DONATELLA DI PIETRANTONIO

A tredici anni non conoscevo piu' l'altra mia madre.

Salivo a fatica le scale di casa sua con una valigia scomoda e una borsa piena di scarpe confuse. sul pianerottolo mi ha accolto l'odore di fritto recente e un'attesa. la porta non voleva aprirsi, qualcuno dall'interno la scuoteva senza parole e armeggiava con la serratura.

Ho guardato un ragno dimenarsi nel vuoto, appeso all'estremita' del suo filo.

Dopo lo scatto metallico e' comparsa una bambina con le trecce allentate, vecchie di qualche giorno. era mia sorella, ma non l'avevo mai vista. ha scostato l'anta per farmi entrare, tenendomi addosso gli occhi pungenti. Ci somigliavamo allora, piu' che da adulte.